• Chi è Norman Oppenheimer? E, voglio dire, non “chi è in realtà” ma proprio “chi è”. Perché, come afferma uno dei protagonisti del film, l'investigatrice Alex Green (Charlotte Gainsbourg) «Tutti sembrano sapere chi sei, ma nessuno sa niente di te. [...] Per esempio, nessuno sa dove vivi [...] Non sono riuscita a verificare se tu abbia una figlia oppure no, né se tu ti sia mai sposato».
Affarista? Manipolatore? Impostore? Millantatore? Esaltato? Paranoico? Eroe? Martire? Santo? Forse uno di quei 36 Lamed-Vav Tzaddikim – uomini giusti – senza l'intervento dei quali il mondo svanirebbe nel nulla?
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Neppure il suo biglietto da visita può aiutarci. Dice soltanto: “ Oppenheimer Strategies”, un numero di telefono e l'indirizzo di una sinagoga. Nient'altro.
Certo che lo spettatore prova un certo imbarazzo, mentre assiste ai tentativi che quest'uomo (meravigliosamente interpretato da Richard Gere, che, tra parentesi, non è ebreo) compie per inserirsi nella vita degli autentici pezzi da novanta della finanza e degli affari di New York, dai quali viene – per lo più educatamente – “scoraggiato”. Il fatto è che, bene o male, queste persone finiscono almeno per conoscere il suo nome. Fino a che, durante un convegno sul mercato dei conbustibili, Norman individua un uomo politico israeliano (Lior Ashkenazi), lo segue fuori dal centro congressi e lo approccia davanti al negozio di Lanvin-New York.
Non sappiamo cosa venga detto durante la loro conversazione iniziale, a cui assistiamo – un miracolo di cinema muto – attraverso la vetrina, dall'interno dell'esercizio commerciale. Sicuramente Norman deve riuscire a infrangere le resistenze che tutti manifestiamo quando veniamo avvicinati da un estraneo. Fatto sta, che i due entrano nel negozio e Norman, superando la riluttanza dell'uomo, la nostra incredulità e il nostro imbarazzo, finisce col regalare un paio di scarpe a Micha Eshel che sarà presto primoministro d'Israele.
Questa circostanza, se crea un solido legame tra i due – Eshel è una personalità sui generis, ha dei valori e crede nell'amicizia (superba interpretazione di Ashkenazi) – porrà delle notevoli difficoltà al premier, che è un forte sostenitore di una soluzione pacifica al problema del Medio Oriente. I nemici della pace, dai due lati dell'Oceano, sfrutteranno l'occasione per cercare di incriminare l'uomo politico per corruzione da parte di “un uomo d'affari americano”. La descrizione calza a pennello al personaggio che Norman fa di tutto per sembrare.
La sinagoga in cui Norman si rifugia ad ascoltare musica, consumare i suoi pasti e, probabilmente, anche a dormire, viene sfrattata. Lo sfratto potrebbe essere aggirato se si trovassero 14 milioni di dollari per l'acquisto dello stabile e Norman viene interpellato – seppure con qualche scetticismo – per trovare la somma, viste le conoscenze che afferma di frequentare.
Inoltre, il giovane nipote, avvocato in uno studio rinomato, che Norman ha eletto a proprio confidente (Michael Sheen), vorrebbe che il rabbino celebrasse il suo matrimonio con una donna non ebrea, e si rivolge allo zio in virtù dei suoi buoni rapporti col rabbino (Steve Buscemi).
In cambio, Norman riesce a ottenere che Philip Cohen – questo è il nome del nipote – sfrutti le sue conoscenze per ottenere che il figlio di Eshel possa entrare ad Harvard, pur non avendone i requisiti.
Un delicato incastro di favori che rischia il collasso quando Norman riceve dalla stessa Alex Green un mandato a comparire nell'ambito dell'inchiesta sulla corruzione di Eshel (quel famoso paio di scarpe...). L'amicizia tra i due uomini sembra essere a un bivio. Una situazione che, apparentemente, per sciogliersi, avrebbe bisogno di una schiatta di uomini non comuni.
La prima fonte contenente un riferimento specifico ai Lamedvavnik è il Talmud di Babilonia, una volta tramandato in forma orale, messo per iscritto in seguito alle guerre contro i romani e alla conseguente diaspora, per evitare che la sua tradizione andasse perduta. In esso si legge: «Ci sono almeno 36 uomini giusti (Tzaddikim) in ogni generazione che manifestano di contenere la Shechina (Presenza Divina). È scritto, felici coloro che attendono lui (lo) [il Suo arrivo]» (Abaye, IV sec., Talmud - Mas. Sanhedrin 97b).
Lamed-Vav Tzaddikim. Lamed è la dodicesima lettera dell'alfabeto ebraico, che corrisponde numericamente a 30, vav è la sesta lettera, equivalente al numero 6, sicché lamed-vav è un modo alternativo di descrivere il numero 36; tzaddikim significa uomini giusti. Lamed-vav tzaddikim = 36 uomini giusti. Il valore numerico di lo, che significa “Lui” è 36 e si riferisce a un verso contenuto in Isaia 30:18.
Eppure il Signore aspetta per farvi grazia,
per questo sorge per avere pietà di voi,
beati coloro che sperano in lui!
Che viene comunemente interpretato: beati coloro che sperano nei 36, nel senso di fare affidamento su questi 36 uomini giusti.
In tutto e per tutto in incognito e sconosciuti persino l'uno all'altro, si diceva che svolgessero umili occupazioni: artigiano, portatore d'acqua... La loro caratteristica è di non ammettere la propria identità, negando la propria appartenenza al gruppo in maniera categorica. Tutto questo ha contribuito a far credere che un estraneo che improvvisamente faccia la sua comparsa e mantenga un atteggiamento misterioso, possa essere un lamedvavnik.
Grazie a un trucco leggero che ne altera però i connotati, Richard Gere ottiene di entrare perfettamente nella parte, evitando le espressioni e i tick che caratterizzano la maggior parte dei suoi ruoli, fin dai tempi di American Gigolo. L'attore riesce ad interpretare un personaggio magnifico: patetico, irritante, modesto, frugale, tenero, coraggioso e, alla fine, tragico. Di gran lunga la sua interpretazione migliore.
La situazione in cui vediamo Misha Eshel è esattamente speculare alla situazione che si verifica nella realtà, in cui troviamo il bellicoso premier d'Israele incriminato anch'egli per corruzione. Nel film, i nemici della Pace cercano un pretesto per eliminare un pericoloso pacifista; nella realtà, il primo ministro “minaccia” di fare la pace per scrollarsi di dosso l'incriminazione che lo inchioda.
L'incredibile vita di Norman (The Moderate Rise and the Tragic Fall of a New York Fixer) è una splendida storia, secondo le migliori tradizioni Yiddish. Potrebbe uscire dalla penna di Saul Bellow, Franz Kafka o Isaac Bashevis Singer... Pesino le scarpe calzano a pennello in questo contesto squisitamente ebraico (e notate la statuetta nella vetrina di Lanvin… Chagal ci avrebbe messo una personcina con i calzoni calati...). Joseph Cedar, l'autore della sceneggiatura, che è un ebreo ortodosso israeliano ed è anche il regista, dimostra in ogni istante del film di essere la persona giusta per maneggiare, con la giusta ponderatezza, una materia di questa complessità e di questo peso.
Il film è stato selezionato tra le migliori pellicole del 2017 dal National Board of Review Awards