Floating Piers

• Quando a Roma, nel 1974 Christo impacchettò Porta Pinciana, una mano irriverente stigmatizzò l’evento con un graffito, una frase volgare che però molti suoi concittadini condivisero: «IMMANE CAZZATA». Agli italiani dell’arte moderna non è mai interessato un fico secco, meno che meno dell’arte contemporanea. Per l’italiano medio, fino a un mese fa, la Land Art era un modello sofisticato della Land Rover e le tendenze di Christo in seno all’arte era nozione ignota ai più e prevalentemente di ambito ecclesiastico o comunque trascendentale.


© 2016 Renato Corpaci - Tutti i diritti riservati
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Che cosa spinge ora, tutto a un tratto, 50.000 profani ogni giorno ad accertarsi personalmente che l’artista Christo abbia davvero messo le persone nelle condizioni di camminare sull’acqua del Lago d’Iseo? Cosa li convince a compiere interamente il percorso di 4 chilometri e mezzo a piedi e talvolta anche di più se si considera la visita agli agglomerati di Menzino, Senzano, Cure? Che cosa li spinge a superare la propria naturale sedentarietà, l’inerzia, lo scetticismo cronico? “Fare una levataccia”, con l’illusione di evitare l’affollamento? Chi glielo fa fare di prendere il treno, affrontare gravi difficoltà per il parcheggio, sopportare il caldo, le code, il cibo necessariamente approssimativo, i prezzi maggiorati, la stanchezza, il sudore, la calca... ?

Innanzitutto, specifichiamo che ci sono due categorie di individui che si sottopongono a questo strazio: noi che abbiamo un “pass” su cui campeggia impropriamente la parola “PRESS”, che lo facciamo per documentare ed, eventualmente, criticare l’iniziativa, e voi comuni mortali, voi quattro lettori in croce di questo blog, voi che vi recate a Sulzano prendendo da Voghera, portandovi i bambini, la nonna, il cane, il panino e l’acqua minerale, dopo aver chiesto un giorno di permesso o di ferie dal lavoro.

La prima impressione che noi della “PRESS” – ma sarebbe più appropriato definirci “INFOMEDIA”, via, che è più aderente alla realtà odierna – ci facciamo di questo happening è che l’influenza dei mezzi di comunicazione è immensa. Ma è un’illusione, anche perché altrimenti non si capirebbe come mai sia così facile indirizzare i nostri concittadini verso eventi di questo genere e sia così difficile convincerli a recarsi a votare.

Se fossi un sociologo attribuirei gran parte del successo di queste iniziative al tam-tam mediatico ma anche al conformismo. Lo stesso che l’anno scorso ha spinto 21 milioni di persone a visitare EXPO. Allora l’evento durò 184 giorni. Questa volta durerà esattamente 15 giorni, dal 18 giugno al 3 luglio.

Se fossi un sociologo tirerei in ballo la tecnologia e i social media. Perché la maggior parte dei visitatori era dotata di un cellulare con cui immortalare se stessa sullo sfondo arancione della passerella, per poi pubblicare l’immagine immediatamente sui social.

Ansia di protagonismo, allora? Esibizionismo? Autocompiacimento? Ostentazione? Desiderio di partecipazione? Mah! Certo che quando si ha l’abitudine di ritrarre se stessi in un selfie, pubblicare e contare i “like”, immagino che si senta l’esigenza di cercare degli sfondi sempre più esotici per stimolare un riscontro anche da quelle persone che sembrano fare apposta a ignorarci. “Quello di cui si parla” deve essere sembrato una buona idea.

In fondo è simile all’esigenza che i media hanno di pubblicare notizie sempre più clamorose. I media rispondono a una motivazione commerciale. I “privati” rispondono a un’esigenza di introspezione più ancora che di gestione dell’immagine. Dalla pagina del profilo ci ritorna un’immagine di noi stessi che è la somma di tutti i selfie che si susseguono senza soluzione di continuità: abbigliamento, pettinatura, abbronzatura, circostanza, location...

Tutto questo riguarda la nostra individualità e la robustezza del nostro Io, fatto di autostima, sicurezza, disinibizione, di cui esibizionismo e narcisismo sono autorevoli sottoprodotti.

Comprendendolo, Christo ha dimostrato di essere un genio. Ha progettato un evento di una esagerata complessità tecnica e organizzativa, lo ha reso possibile, lo ha realizzato e ha stimolato decine di migliaia di persone estranee all’arte a far parte della sua opera.

Direi che in questo ha compiuto un miracolo!

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