• Confesso. Sull'Esposizione Universale 2015 che sta avendo luogo a Milano, nutro dei forti pregiudizi che mi rendono difficile apprezzare l'evento in tutta la sua pregnanza e anche solo parlarne “serenamente”. Perciò, confronterò queste mie perplessità ai fatti, cercando di demolirle, se possibile, ed essere il più possibile obiettivo.
La replica che viene più spesso proposta di fronte alle critiche dei malpensanti è che sia necessario ignorare gli aspetti negativi (come la corruzione, il clientelismo e le infiltrazioni mafiose) di una certa iniziativa e che si debba concentrarsi sui vantaggi che ne possano scaturire per la comunità. Non so voi, ma questo genere di argomentazioni, invece di tranquillizzarmi contribuisce ad aumentare la mia agitazione.
Primo “pregiudizio”: l'Expo, fin dall'inizio, non si doveva fare. Per due ordini di motivi. Il primo è che quei soldi (13 miliardi di euro circa) si sarebbe potuto spenderli in qualcosa di veramente utile e urgente.
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
|
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
Se mi chiedete cosa, rispondo: a livello – per fare un esempio – di manutenzione del territorio in prospettiva del contenimento del dissesto idrogeologico e della conservazione del paesaggio; a livello di restauro e di valorizzazione del patrimonio culturale, per farne un altro. Sono due aree che potenziano la nostra prerogativa più importante, che è quella di attirare turisti ad ammirare le bellezze del nostro paese e del nostro immenso patrimonio artistico.
Secondo motivo è che, con la crisi galoppante e con il dilagare del fenomeno corruttivo, mi sembrerebbe fondamentale limitare le occasioni di spartizione – da parte di burocrati e faccendieri – di grosse somme di denaro pubblico o, per lo meno, limitarne il rischio alle opera più urgenti che non si affrontano mai (vedi gli esempi al paragrafo precedente).
Ma, tant'è che si partecipò alla gara del Bureau des Expositions e si conquistò la giuria con un progetto sublime. Mettiamoci una pietra sopra. Ci siamo consolati pensando che almeno sarebbe stata per i giovani una grande occasione di occupazione.
Secondo pregiudizio: Questa Expo non è quella presentata-al e approvata-dal Bureau des Expositions.
Il progetto originale prevedeva un'isola di terreno fertile coltivata a orti, circondata dall'acqua e collegata al sistema dei navigli milanesi, coperta in parte da leggerissime vele di tessuto impermeabile. Al momento sembrava una boiata pazzesca, ma a posteriori tutto sarebbe stato meglio di quello che ci è piombato addosso. Sì, perché dopo l'approvazione, il progetto è stato cambiato d'imperio in qualche cosa di completamente diverso. Un milione e 100.000 metri quadri di terreno agricolo, un salutare “polmone verde” in un'area già pesantemente cementificata, impermeabilizzato con una colata di 250.000 metri cubi di calcestruzzo su cui poggiano 70.000 tonnellate d'acciaio. Inoltre, un dedalo di infrastrutture, un labirinto d'asfalto, parcheggi, strade, svincoli, viadotti, rotatorie per un valore di undici miliardi di euro di opere pubbliche inutili, da aggiungere al miliardo e settecento milioni per la costruzione dei padiglioni e delle strutture dell'area espositiva.
Tutto questo va a beneficio degli immobiliaristi che, per agili 315 milioni di euro, si accaparreranno il sito al termine dell'esposizione. Lo troveranno urbanizzato e pronto a ricevere altro calcestruzzo e cemento. Questo almeno dovrebbe aiutare a disfarsi del tutto più facilmente, dicono. Peccato che la prima asta sia andata deserta. Chiusa la parentesi.
Anche qui, quel che è fatto è fatto. Mettiamoci una pietra sopra.
Unico recupero di una situazione preesistente è il restauro della Cascina Triulzia, un'antico edificio agricolo destinato ad accogliere un gruppo di organizzazioni selezionate attraverso un bando di gara e raggruppate sotto la denominazione di “società civile”, con l'obiettivo di incentivare la collaborazione fra più soggetti in grado di promuovere proposte per un futuro sostenibile.
Il decorso del progetto Expo non è fluito senza traumi: l'avvio dei lavori ha potuto avvenire solo al termine di un lungo e complicato processo d'assegnazione degli appalti. Poi, nonostante i controlli, a detta degli organizzatori “rigidissimi”, sono risultate le prime infiltrazioni da parte della malavita organizzata. La magistratura ha finito con l'intevenire per arrestare funzionari corrotti e imprenditori corruttori, almeno là dove il fenomeno si è manifestato in modo più smaccatamente evidente. Questo ha causato rancori, malumori, rallentamenti e altri ostacoli al completamento, e fino all'ultimo non è stato certo che i lavori sarebbero stati ultimati e i padiglioni consegnati.
Tutto è bene quel che finisce bene, si dirà. La qualità più sorprendente di noi italiani – fa notare il commissario del governo per l'Expo Giuseppe Sala – è la capacità di cavarsela per il rotto della cuffia e l'orgoglio nazionale, alla fine, porta a casa un altro punto a suo favore. Il sito è ultimato per il 90%. Il Padiglione Italia è Bellissimo e il Padiglione Zero è straordinario. Ne resterete stupiti.
Ma è davvero così?
Apprendiamo che a lavorare nei cantieri fosse soprattutto manodopera costituita da immigrati. Una parte, almeno, lavorava in nero. Altro che italianità. Anche così, nessuno sa se alla fine verranno pagati.
Se sapete come funziona una fiera – e l'Expo non è altro che una grande fiera – la manodopera è centralizzata e gli espositori che non se le sono portate da casa fanno domanda per le competenze che necessitano per la costruzione dei loro padiglioni, e poi aspettano.
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
|
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
|
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
|
![]() |
Detto questo, effettivamente i padiglioni che affacciano sul Decumano, il viale principale che scorre da Est a Ovest per un chilometro e mezzo, sono quasi tutti praticamente ultimati. Manca il padiglione del Nepal, per il cui completamento – dicono – le maestranze dell'Expo si sono impegnate a lavorare “gratis” (voglio proprio vedere) al posto degli addetti nepalesi rientrati in fretta e furia nel loro terremotato paese. Manca l'ONU, e molti dei paesi espositori nei “cluster” che sono quei padiglioni tematici che riuniscono i paesi produttori di una determinata materia prima: Riso; Caffè; Cacao e Cioccolato; Isole, Mare e Cibo; Bio-Mediterraneo; Frutta e Legumi. Si tratta dei paesi più piccoli che non possono permettersi d'investire in un padiglione tutto per sé. C'e anche un misterioso padiglione lasciato proprio in sospeso. C'é solo la struttura d'acciaio.
Pertanto, il Regno Unito e la Francia, che possono fare la voce grossa, sono terminati; la Costa d'Avorio ci accoglie in un ambiente spoglio. Quando riuscirete a terminare? Forse la settimana prossima. Molte altre porte, poi, sono ancora sprangate.
Poi c'e la famosa faccenda dell'occupazione giovanile, i ragazzi impiegati durante la manifestazione. Vengono pagati una miseria che basta a mala pena a coprire il vitto – ma ovviamente ci si può portare la schiscetta – e i costi di trasporto. Per fare i “volontari”, poi, ci vuole proprio una elevata dose di masochismo. Ma perché, ci si chiede, con un budget miliardario bisogna ricorrere al volontariato? E le famose “opportunità occupazionali”?
All'Expo si arriva in metro (€5,00 andata e ritorno). Se si preferisce l'auto, il parcheggio costa da 12,20 a 14,50 euro a giornata e dal parcheggio bisogna prendere la navetta che porta a Expo (gratis). Il mezzo migliore è ancora lo scooter o la moto, perché un parcheggio in verticale lo si trova ancora.
Una volta entrato, però, il visitatore rimarrà sbalordito di fronte all'allestimento del Padiglione Zero, sopraffatto dalle architetture mozzafiato. Verrà poi preso da un moto d'orgoglio di fronte al Padiglione Italia e subirà la seduzione dei profumi provenienti dai padiglioni di Eataly dedicati al rifocillamento. Qualcuno l'ha paragonata a Las Vegas.
Alcuni padiglioni, come quello del Belgio, affrontano seriamente il tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” allestendo un orto sotterraneo che prospera alla luce delle lampade alogene e si sviluppa senza terreno. Gli Stati Uniti l'orto lo hanno messo in verticale, sul muro e si orienta con il movimento del sole.
L'Expo è un evento nazional-popolare e come tale destinato ad appagare l'esigenza d'evasione di un pubblico... nazional-popolare. Lo spettacolo “light and sound” che ha luogo con scadenza oraria e gratuitamente intorno all'Albero della Vita, serve proprio a questo. Stupire, intrattenere, “emozionare”.
Per i più esigenti, le Cirque du Soleil – ora di proprietà del fondo cinese di private equity Tpg – dal 15 maggio al 30 agosto rappresenterà uno spettacolo Alla Vita all'Open Air Theatre che si trova al termine opposto del Cardo, rispetto al Padiglione Italia.
Insomma, l'ennesima riedizione di una formula che non tramonta mai: “panem et circenses”.
Rimane un ultimo grandissimo pregiudizio: che l'Expo possa servire come testa di ponte per le multinazionali americane dell'OGM che vogliono sbarcare in un'Europa i cui agricoltori pongono una difesa disperata all'introduzione di sementi geneticamente modificate.
Nonostante il simbolo dell'Expo sia stato disegnato da Disney, malgrado al partnership ufficiale (tra le altre) di Coca-Cola e la sponsorizzazione (tra le altre) di MacDonald, primi responsabili dell'obesità dilagante, questo è l'unico pregiudizio a cui sono disposto a rinunciare. Per aggirare le resistenze degli agricoltori, infatti, arriverà il TPP (Trans-Pacific Partnership Agreement), che si negozia segretamente con i governi, saltando i parlamenti e, naturalmente, a prescindere dalla volontà dei cittadini.
Vedete, sono un inguaribile pessimista. Anche di fronte a un grande successo nazionale come questo non posso fare a meno di pensare al peggio...