Il romanzo originale Being there comparve in italiano da Mondadori nel 1973 con il titolo Presenze. Per considerazioni commerciali è ora stato ripubblicato da minimum fax (2014) con il titolo Oltre il giardino, lo stesso titolo che il produttore cinematografico volle dare al film, dato che “Presenze”, evidentemente, avrebbe potuto risultare criptico per lo spettatore nazionale.
Ci sono due aspetti emergenti dalla lettura di Oltre il giardino: il primo è il malinteso che si genera intorno all'identità e alla personalità di Chance-the-Gardener; il secondo è una riflessione metafisica sulla televisione, su che cosa significhi apparire sul piccolo schermo, che influenze si subiscano, da telespettatori, nella percezione del reale.
Partiamo dal primo aspetto.
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È notorio che spesso chi viene ingannato si dimostra il miglior alleato dei propri ingannatori. O meglio, è più facile ingannare qualcuno che desideri fortemente la materializzazione di un certo accadimento o la realizzazione di un beneficio gratuito o che aspetti qualcuno caduto dal cielo che venga a salvarlo da una situazione d'incertezza o di stress.
L'azione si svolge a Manhattan durante un periodo economico d'inflazione recessiva. Chance – il nome significa “opportunità” ma anche “caso” – è un handicappato mentale al servizio di una persona molto benestante (forse suo padre) che, da quanto si evince, l'ha tenuto con sé e gli ha dato ospitalità, offrendogli anche accesso al suo guardaroba personale. Chance, che si occupa di mantenere un giardino protetto da un muro che lo isola da ciò che accade all'esterno, non ha alcuna memoria delle proprie origini, non è mai uscito dalla casa in cui si trova, ha cognizione del tempo attraverso il lunario e l'alternarsi delle stagioni e conosce il mondo solo attraverso il simulacro di realtà che gli offre il televisore che guarda assiduamente. Chance non ha mai visto la realtà se non attraverso le ombre fluttuanti che arrivano a lui attraverso il tubo catodico.
È evidente qui il riferimento a Platone e al mito della caverna.
Alla morte del suo vecchio benefattore, Chance viene, per così dire, “sfrattato” dal suo dorato alloggio da una coppia di avvocati che si stanno occupando del patrimonio del defunto. Da loro veniamo a sapere che non esiste alcuna traccia certificata dell'esistenza del giardiniere: nessun contratto di lavoro, nessuna denuncia dei redditi, nessun documento d'identità; neanche un certificato di nascita. Chance, per la società, non è semplicemente mai esistito.
Lasciata la casa, per una pura fatalità il giardiniere viene investito in un incidente di parcheggio da una limousine di proprietà dell'autorevole e influente milionario Benjamine Rand. È la moglie a soccorrere Chance. Dato che l'anziano uomo d'affari versa in casa propria in gravi condizioni di salute, la donna, preoccupata di evitare una causa per danni, invita l'investito a farsi visitare dall'equipe medica che segue notte e giorno il marito.
Grazie all'abbigliamento sartoriale, all'aspetto sano e alle maniere garbate di una persona educata, Chance il giardiniere viene scambiato per Chanchey Gardiner, un personaggio che esiste soltanto nell'immaginazione dei suoi soccorritori. Dato che Chance è in grado di articolare un discorso finito solo quando parla dell'unico argomento di cui ha padronanza, le persone che incontra interpretano che dietro a quelle che vengono scambiate per metafore naturalistiche, si celino profondissime analisi della difficile situazione economica e che l'aria ingenua e le risposte ambigue celino in realtà uno spirito ironico e una mente sopraffina. I lunghi silenzi in risposta alle domande a cui non sa rispondere, poi, vengono interpretati come la reticenza ad esprimersi di un personaggio riflessivo e discreto. Se ride ascoltando battute che non capisce, è solo per empatia con il proprio interlocutore e, quando l'ambasciatore sovietico lo avvicina a un avvenimento di gala e cita Krylov in russo, Chance scoppia in una sonora risata solo perché non gli è mai capitato di sentire qualcuno che gli parlasse in una lingua straniera. Di fronte a questo sfogo d'ilarità però l'altro si convince che Chance abbia una formazione umanistica e che abbia letto gli autori russi in lingua originale.
Questo ci porta al secondo aspetto della riflessione.
In Chance la percezione della realtà è mediata da quello che avviene nel televisore, al punto di non riuscire a distinguere cosa stia veramente accadendo da cosa sia la descrizione di un evento e cosa una rappresentazione completamente fittizia.
La stampa comincia a interessarsi a Chance quando il presidente degli Stati Uniti cita le sue parole nell'ambito di una conferenza sull'economia. I network chiedono sempre più insistentemente di intervistarlo e un programma televisivo di approfondimento ottiene di averlo come ospite.
«Chance non poteva immaginare cosa volesse dire apparire in televisione. Voleva vedere se stesso ridotto alle dimensioni dello schermo; voleva diventare un'immagine, vivere dentro l'apparecchio.»
«Chance accese il televisore. Si domandò se una persona cambiasse prima o dopo essere apparsa sullo schermo. Sarebbe cambiato per sempre o soltanto il tempo della sua apparizione? Quale parte di se stesso avrebbe abbandonato quando avesse finito il programma? Ci sarebbero stati due Chance dopo lo show: uno Chance che guardava la televisione e un altro che appariva sullo schermo?»
Questo è il punto pivotale del romanzo. Chance, che ha passato la vita a scrutare in uno schermo televisivo, non ha alcuna cognizione di che cosa rappresenti il tubo catodico. Per lui, dapprima, andare in televisione significa letteralmente rimpicciolirsi per entrare nelle dimensioni dell'apparecchio. Mentre è intervistato, vedersi nel monitor e allo stesso tempo pensare all'hic et nunc di se stesso lo disorienta. Questo fenomeno per lui, rappresenta una specie di corto circuito sensoriale, un'improvvisa e inaspettata epifania del reale.
Allo stesso tempo, la conoscenza di Chance da parte del mondo è collegata alle sue apparizioni sempre con personaggi autorevoli, sempre in luoghi istituzionali. Che idea dovrebbero farsi di lui? Certo non che si tratti di un minus abens incapace di leggere e scrivere, la cui unica competenza sia la cura dei giardini.
Intanto i servizi segreti americani e stranieri si dannano l'anima cercando di ricostruire il passato di quest'uomo che appare a fianco ai grandi del pianeta ma di cui, fino a quel momento, non si trova traccia a livello mondano, né anagrafico e nemmeno nel casellario giudiziario. Ma l'uomo viene continuamente legittimato dalle apparizioni in televisione in sedi istituzionali e di fianco a personaggi autorevoli i quali, a loro volta, consolidano l'opinione favorevole su di lui proprio a causa della sua esposizione mediatica. L'immagine ha il sopravvento sul reale.
«Quel che noi concretamente vediamo o percepiamo – scrive Giovanni Sartori – non produce “idee”, ma si inserisce in idee o concetti che lo inquadrano e “significano”. È questo il processo che viene atrofizzato quando l'homo sapiens viene soppiantato dall'homo videns.»
«La televisione distrugge più sapere e più capire di quanto trasmetta. [...] produce immagini e distrugge i concetti.» «L'immagine non dà di per sé quasi nessuna intelligibilità [...] il vedere sta atrofizzando il capire.» (Homo videns, Laterza, V edizione, 2004)
Qualcuno potrebbe sperare in una redenzione da questo sortilegio malefico argomentando che il computer costituisca un impiego più attivo e più creativo della propria intelligenza. Purtroppo la televisione viene ancora usata come baby-sitter per i bimbi fino ai cinque-sette anni e oltre, cioè nel pieno del loro sviluppo simbolico e quando raggiungono l'età per cominciare ad appropriarsi di una tastiera, il danno è fatto.
Il libro si chiude lasciando intuire che le imminenti elezioni presidenziali possano riservare una sorpresa sbalorditiva. Il romanzo è così in qualche modo premonitore di ciò che sarebbe stato l'esito delle elezioni americane del 2001.
Jerzy Kosinsky non visse abbastanza per vedere la materializzazione della propria intuizione. Era nato a Lodz, in Polonia nel 1933. Emigrato negli Stati Uniti, svolse diversi lavori, tra cui il giardiniere, prima di ricevere una borsa di studio dalla Columbia University. Scrisse L'uccello dipinto (The Painted Bird, 1965) e Presenze (Being There, 1971, poi ritradotto Oltre il giardino, 2014). Morì suicida a cinquantotto anni nel proprio appartamento di New York il 3 maggio 1991.
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