• Lusinga [lu-ʃìn-ga]. Bella parola con un suono vibrante e metallico, come una corda di violino che però, attenzione, può nascondere una qualità tagliente. Per restare in tema, Luṡingando è una didascalia che viene annotata nel pentagramma in corrispondenza di passaggi a cui si vuole dare un carattere particolarmente dolce e suasivo (Treccani).
Alla voce corrispondente dello stesso dizionario, Lusingare significa « a. Attirare, allettare con lusinghe, con complimenti, lodi o false promesse [...]; b. Illudere, indurre a credere o a sperare cose che non possono essere o che non possono realizzarsi [...]; c. ...; ecc.
Insomma, una vera e propria presa per il c.
Stranamente, dire sono lusingato, è un modo cortese di ringraziare per un complimento, gestire l'imbarazzo e nascondere il proprio compiacimento. A proposito:
Compiacimento: «Sentimento di intima soddisfazione per un bene proprio o altrui»
In realtà, dire “sono lusingato” ha proprio questa funzione: nascondere un compiacimento che sarebbe immodesto o impudico manifestare.
In inglese funziona proprio nella stessa maniera: to flatter, significa adulare, lusingare nelle accezioni “a” e “b” di qui sopra. I'm flattered significa «sono lusingato». Ma se la persona lusingata risponde «La-dee-da...» significa: «Ho scoperto il tuo gioco.»
Dice il Dalai lama: «If someone flatters you, don't interrupt.»
«Bravo!»
«Grazie, sono lusingato.»
Prendendo la cosa alla lettera, «sono lusingato» significa, dopo tutto, che queste lodi, questi complimenti, che pure ci meritiamo tutti e di più, siamo coscienti del fatto che ci vengano elargiti per formalità, per convenienza o con un secondo fine.
«Sono lusingato.» Come dire: «Non m'incanti.»
Perché un animale che rispondesse a un complimento, magari provocato da una subdola manovra di captatio benevolentiae, dicendo “sono compiaciuto”, farebbe la figura del coglione, questo è pacifico.
Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d'erbe famiglia e d'animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l'ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell'amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a' dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Ah, il Foscolo...!