• Gentile Nastas'ja Filippovna (uno pseudonimo),

Leggo regolarmente le sue gentili “newsletter” da quando ha cominciato a inviarmele. Dapprima con un certo disappunto; con crescente insofferenza in seguito.

Non dimentico che lei, improvvisatasi “agente letterario”, ha promesso uno spassionato giudizio su uno dei miei romanzi “entro quattro mesi”. Era il 16 luglio 2012. Grazie, non m'interessa più. Mi rendo conto invece che oggi, di fronte alle obiettive difficoltà di svolgere questa nobile professione, si è ridotta al passatempo praticato da un numero sempre crescente di impostori e truffatori in generale, per quanto spesso anche di ottimo lignaggio e di eccellente educazione: sfruttare la vanità e la buonafede di coloro che aspirano a trovare un editore disposto a pubblicare i propri deliri.

Così, ora, improvvisatasi “talent coach” (una qualifica che sembra uscita dal pensatoio di una società di marketing) mi propone periodicamente di “risvegliare” le mie capacità letterarie, magari, di passaggio, andando a potenziare anche la fiducia in me stesso.

Grazie tante.

Il nome apposto a firma delle sue newsletter, invece di ricordarmi l'eroina di un bel romanzo russo, mi fa pensare sempre più spesso alle firmatarie di innumerevoli spam che provengono da quel glorioso paese, in cerca di un allocco da spennare o da cui farsi impalmare.

Questo dovrebbe farla riflettere.

So cosa sta pensando di me in questo momento: “frustrato, inacidito dall'insuccesso dovuto a proprie obiettive inadeguatezze”. Si calmi, lo pensa perché è arrabbiata. Consideri che se così fosse, tutto questo sarebbe comunque stato “risvegliato”, dopo tutto, da lei.

Piuttosto, permetta che m'improvvisi a mia volta “talent coach” e che le ammannisca una personale perla di saggezza.

La smetta di importunare il prossimo. Se non si sente più in grado di fare il lavoro che sognava, se ne trovi un altro. Se non proprio un lavoro serio, almeno un lavoro utile, e cerchi di farlo bene.

Suo affezionatissimo

PS Nella vita è molto più facile farsi dei nemici che degli amici e qui sono cosciente che inviare questa lettera avrebbe significato prendere per la via più facile. Perciò, nonostante l'insignificanza del mio bersaglio, ho relegato qui il mio sfogo al ruolo assai meno audace, ma più opportuno ed egualmente liberatorio, di esercizio letterario.

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