• Già dal titolo – “Clouds of Sils Maria” – quest’opera è impalpabile. Vi si fa riferimento a un suggestivo fenomeno atmosferico, il “Serpente del Maloja”, consistente in una formazione di umidità condensata che, formandosi sopra i laghi di Como e di Chiavenna, si incunea nella Val Bregaglia, risale le pendici del Passo per riversarsi in Engadina, snodandosi come un serpente cinese per tutta la lunghezza della valle.
Il fenomeno è stato ripreso nel 1924 da Arnold Fanck, uno dei pionieri della fotografia di montagna, nel documentario Das Wolkenphänomen von Maloja e vedendolo, Olivier Assayas, sceneggiatore e regista della pellicola, ne è rimasto estasiato.
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Domanda. Si può fare un film che parli di persone dello spettacolo continuamente impegnate a discettare di un testo immaginario, cioè, in definitiva, parlando di... niente? Per quanto sembri incredibile, si può fare e, se ciò viene fatto bene, ne può uscire un’opera sfaccettata e ricca di sfumature. Questo film ne è la prova.
«Ci siamo incontrati per la prima volta all’inizio delle nostre carriere – scrive Olivier Assayas – Assieme ad André Téchiné avevo scritto Rendez-vous, una storia piena di fantasmi, dove, all’età di vent’anni, Juliette interpretava il ruolo della protagonista. Anche quel film indagava sul percorso che una giovane attrice deve compiere per calarsi in un ruolo. Da allora, le nostre strade hanno fatto un cammino parallelo, e si sono incrociate solo in seguito, nel 2008, quando abbiamo girato assieme L’Ora D’Estate. Fu Juliette a intuire per prima che stavamo perdendo un’opportunità, in termini cinematografici, che avrebbe riportato entrambi all’essenziale. Con questa intuizione in mente, ho iniziato a buttare giù qualche idea, poi ho cominciato a creare i personaggi e, in seguito, ho scritto questa storia, che aspettava di essere raccontata da tempo.» («Sentieri Selvaggi», 3 novembre 2014)
Un’attrice cinematografica affermata, Maria (Juliette Binoche), insieme alla sua assistente Valentine (Kristen Stewart), attraversa l’Europa per recarsi a ritirare il premio alla carriera che la Città di Zurigo ha assegnato al famoso commediografo Wilhelm Melchior, l’uomo che ha lanciato l’aspirante attrice di vent’anni prima. Lo stesso giorno lo scrittore si suicida e la cerimonia di premiazione si trasforma in una mesta commemorazione.
In quell’ambito, un giovane regista di successo (Johnny Flynn) chiede a Maria di recitare nel West End di Londra in quella stessa commedia teatrale che l’ha resa famosa quando aveva diciotto anni – Maloja Snake, una trama con una forte affinità con Le lacrime amare di Petra von Kant – ma questa volta nel ruolo della matura imprenditrice che si contrappone alla tirocinante da lei stessa interpretata in passato, mentre il ruolo della giovane verrà coperto da un’attrice all’inizio della carriera (Chloë Grace Moretz), una stella del gossip su Internet.
La circostanza induce l’attrice a una riflessione profonda sulla propria età anagrafica, sul passare del tempo, come questo influisca direttamente sulla propria identità di donna e di artista. Seppur cosciente di non essere più una ragazzina, la protagonista non riesce a fare a meno d’immedesimarsi ancora nel ruolo del giovane personaggio, il che le impedisce di entrare pienamente nella nuova parte che dovrà impersonare.
Il piano della commedia e quello della vita (fittizia del film) si incrociano nel rapporto di Maria con Valentine. La ragazza è incredibilmente efficiente, molto brillante, saggia. Aiuta Maria a prendere decisioni importanti, le dà consigli sul piano personale, l’aiuta a esercitare il copione.
«Tu non puoi essere la donna affermata che sei, l’attrice a tutto tondo che sei e aspettarti tutti i privilegi della gioventù. Non funziona così.»
«Quindi mi è concesso di non sentirmi vecchia finché non cercherò di sembrare giovane?»
La ragazza è progressivamente frustrata, provata dalla pressione di una vita frenetica al servizio di un capo totalizzante, tra istrionismi, cellulari, appuntamenti, proposte di lavoro, Internet, un divorzio in atto, alberghi, auto con autista e compravendita d’immobili. Tutto passa attraverso di lei. Inoltre è consumata dal sospetto di non essere apprezzata del tutto dal suo capo per quello che è: una giovane intelligente e capace, con delle opinioni proprie.
La relazione tra le due donne è anche un ritratto dell’amicizia femminile, sempre in equilibrio tra stima, gelosia, manipolazione, vulnerabilità e attrazione fisica.
Il dualismo si replica tra le interpreti del film. La Binoche è brava, come ci si può aspettare da un’attrice navigata quale è lei, ma la Stewart è fantastica nel ruolo subordinato dell’assistente di Maria. Un passo avanti rispetto ai ruoli della Twilight Saga. E che passo.
Lo spettatore ha quindi tre piani in cui perdersi: il piano della commedia teatrale; il piano del rapporto tra i personaggi del film; il piano della prestazione delle attrici che duettano sullo schermo.
Sarà un altro giovane regista che vuole Maria nel suo nuovo film a tirare le somme e a restituire alla donna la sicurezza di sé, permettendole di affrontare la prima della nuova produzione con una nuova consapevolezza: «Lei non ha età. Anzi, racchiude tutte le età, come tutti noi […] Lei è fuori dal tempo».
Anche Maria contribuisce a sottolineare il concetto con un’intensa citazione: «Non ci è concesso di rimpiangere nulla. Se siamo sincere, siamo la somma di tutte le nostre esperienze, senza alcuna eccezione.»
«Non è forse questo il processo stesso dell’arte? – conclude Assayat nel suo articolo – Che riproduce il mondo attraverso un singolo colpo d’occhio, che toglie e allo stesso tempo rivela, portando indifferentemente alla luce l’invisibile e il visibile?»
Un’altra pellicola sul cinema, ma anche sulla vita, il film ha fruttato al suo regista, tra l’altro, la nomination per la Palma d’Oro al Festival di Cannes e il Premio César a Kristen Stewart come miglior attrice.