• Il valore monetario che le agenzie di assicurazione, alla fine di complessi calcoli analitici, assegnano alla vita umana in funzione del risarcimento dovuto alla vittima di un sinistro. Ho incominciato a interessarmi al romanzo di Stephen Amidon, Capitale umano (2004), quando è apparso nelle sale il film di Paolo Virzì che ne ambienta la storia nella Brianza Felix.
Brianza Felix, un'area verdeggiante a Nord di Milano, popolata da personaggi più o meno benestanti, oggetto di pregiudizi che li dipingono gretti, ottusi e di intelligenza piuttosto mediocre. È dove abito io.
A detta dei media i miei vicini si sarebbero offesi e scandalizzati per via dei luoghi comuni che il film evocherebbe. Non so. Qui non ne parla nessuno, anche perché, per quel che ne so, i brianzoli non vanno al cinema. Io stesso, unica occasione in cinque anni, al multisala di Vimercate, la sola persona che ho trovato in sala era venuta con me: mia moglie.
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Il resto delle volte sono andato al cinema a Milano, ma non tanto spesso (anche perché, la distanza...). Qui domina Sky.
Quando seppe che Paolo Virzì ne avrebbe fatto un film, dicono che Stephen Amidon si sia rallegrato. Del resto un film, per un autore, vuol sempre dire quattrini, esposizione, più copie vendute e quindi ancora più quattrini. Quando assistette alla prima proiezione, dicono poi che l'autore sia rimasto allibito. Forse vedendo che i personaggi sono diversi ma uguali. Anche qui non c'è da sorprendersi.
Il film ha avuto un certo successo con la critica. David di Donatello 2014 come miglior film; migliore sceneggiatura (Francesco Bruni, Francesco Piccolo e Paolo Virzì); migliore attrice protagonista (Valeria Bruni Tedeschi); migliore attrice non protagonista (Valeria Golino); miglior attore non protagonista (Fabrizio Gifuni); miglior montaggio (Cecilia Zanuso); miglior sonoro (Roberto Mozzarelli).
Al festival di Taormina, oltre al Nastro d'Argento per il regista del miglior film, Il capitale umano ha ricevuto premi per la sceneggiatura, la scenografia (Mauro Radaelli), il sonoro, il montaggio e per la coppia dei due attori, Fabrizio Bentivoglio e Fabrizio Gifuni.
È l'anno di Francesco Piccolo si direbbe, lo sceneggiatore, anche Premio Strega 2014 con il romanzo Il desiderio di essere come tutti. Chiusa parentesi.
Come il romanzo, il film è ambientato in una località fittizia: Ornate (un toponimo evocativo), in questo caso. Per il resto segue la trama del romanzo (vedi oltre), con le dovute ambientazioni. I caratteri dei protagonisti, rispetto agli omologhi americani sono un po' più smandruppati, un po' meno eleganti, ma soltanto perché gli americani, in fondo, sono tutti uguali, mentre gli italiani sono uguali ciascuno alla sua maniera. «Non si può neppure dire che siano davvero marci – scrive Marco Belpoliti su «Doppio Zero», riferendosi ai maschi adulti del film – sono solo persi».
Il confronto è, infatti, generazionale e di genere: tra figli e genitori, maschi e femmine. I genitori interpretati da Fabrizio Bentivoglio nella parte di Dino Ossola (Drew Hagel); Valeria Golino come Roberta Morelli (Ronnie); Fabrizio Gifuni interpreta Giovanni Bernaschi (Quint Manning); Valeria Bruni Tedeschi è Carla Bernaschi (Catie Manning);
I figli sono interpretati da una rosa di giovani bravissimi attori. Sono loro i veri protagonisti del film. Guglielmo Pinelli nella parte di Massimiliano Bernaschi, (Jamie Manning); Matilde Gioli nella parte di Serena Ossola (Shannon Hagel); Giovanni Anzaldo nella parte di Luca Ambrosini (Ian).
I giovani e soprattutto i personaggi femminili, viene da più parti sottolineato, sono quelli che esprimono i valori residui di una società allo sbando, in mano a maschi incapaci, «così goffamente tormentati – scrive Yamina Oudai Celso su «Il Fatto Quotidiano» – che ti verrebbe quasi voglia di difenderli.» Quanto alla supposta accusa di “lesa località”, «quel che davvero sorprende – continua la giornalista – è che i suddetti “offesi” stranamente non si sentano tali quando vengono rappresentati attraverso i peti, i rutti e le parolacce dei “cumenda” o di altri personaggi lombardi folkloristici dei cinepanettoni.»
Vero. Passiamo dunque a esaminare il romanzo.
Questa bella storia di adolescenti non ancora corrotti dalla nebbia sulfurea dell'avidità e dell'ambizione è calata originariamente dall'autore del romanzo a Totten Crossing, una località immaginaria del Connecticut; una landa verdeggiante e boschiva abbastanza prossima all'isola di Manhattan da permettere ai più fortunati e voraci bachi che si cibano della polpa della Grande Mela di stabilirvi la propria residenza e da lì di pendolare quotidianamente al lavoro.
L'azione ha corso nella primavera del 2001 e si conclude poco dopo quel fatidico 11 settembre.
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I personaggi che animano l'azione sono pertanto persone che difficilmente si trovano in un romanzo di contesto dopo tutto famigliare: agenti immobiliari, finanzieri, squali di qualche fatta o grigi manager bancari, le loro famiglie, più tutti i meno fortunati che si danno da fare intorno a questi privilegiati per rendere loro la vita accettabile.
I soggetti di cui si parla si collocano su due differenti fasce anagrafiche: da una parte ci sono gli adulti con le loro paranoie sociali e, dall'altra, gli adolescenti che abitano le case degli adulti, frequentano le costose scuole che pagano i genitori, bevono i loro liquori e guidano le loro automobili.
Tutto il romanzo verte sull'assunzione di responsabilità: chi ha causato un danno è eticamente imperativo che se ne assuma l'onere e faccia del proprio meglio per risarcire il danneggiato. “Human capital” significa proprio questo: il valore monetario che le agenzie di assicurazione, alla fine di complessi calcoli analitici, assegnano alla vita umana in funzione del risarcimento dovuto alla vittima di un sinistro. Tra le righe l'autore si domanda a che punto di questa scala di valori si collochi la società odierna. Si sarebbe tentati di pensare che, nel contesto economico contemporaneo in cui tutto tende ad andare in vacca, raggiungere il successo sia spesso più importante dei mezzi che si sono utilizzati per ottenerlo. Alla fine del romanzo però si guadagnerà l'impressione che la comunità sia stata assolta dall'autore e che salve non siano solo le apparenze ma gran parte della sostanza.
Stephen Amidon riesce a creare un'impressione di complessità intorno ad una trama in concreto piuttosto semplice.
Jamie e Shannon appartengono a famiglie che si collocano su gradini diversi della scala sociale, sebbene entrambi appartenenti alla classe media. Gli adolescenti, che frequentano lo stesso costoso liceo privato hanno avuto una relazione conclusasi quando Shannon si è innamorata di Ian, un orfano incontrato casualmente nella sala d'aspetto della propria matrigna che è anche la psicoterapeuta del ragazzo.
Ian vive con lo zio David che lo ha preso sotto la sua protezione quando la sorella, madre del ragazzo, si è arresa al cancro. David fa l'autista di limousine per un servizio di noleggio. Ian è in libertà vigilata a causa di una condanna per possesso di stupefacenti alla quale lo zio non è totalmente estraneo. Il ragazzo si è sempre rifiutato di fare il nome della persona che gli forniva la droga: suo zio, appunto. I due sono legati a doppio filo. Per quanto duri da due mesi, i ragazzi sono riusciti a mantenere tutti all'oscuro della loro relazione.
Jamie, già scosso dalla recente separazione da Shannon, arranca per stare al passo delle esigenti aspettative di Quint, ex ragazzo prodigio e suo scomodo genitore. Il giovane affoga il dolore delle sue frustrazioni in devastanti sbronze. Le sue plateali manifestazioni di ubriachezza finiscono coll'esasperare persino la maggior parte dei suoi compagni di scuola, per non parlare dei genitori le cui case il ragazzo inonda del proprio vomito. Di questo sono giustamente preoccupati tutti quelli che gli vogliono bene.
Quint gestisce un fondo d'investimento chiuso, altamente speculativo e ad alto rischio. Drew, il padre di Shannon fa l'agente immobiliare nell'agenzia locale ereditata dal padre, ora minacciata da operatori esterni meglio organizzati e finanziariamente più solidi. Attirato dalla prospettiva di un facile e cospicuo ritorno sull'investimento, Drew riesce a convincere Quint ad accettare una modesta ma determinante somma di denaro per partecipare al fondo. La situazione economica però vira subito al peggio e travalica le capacità di previsione dei complicati algoritmi di Quint. Il fondo rischia il tracollo e Drew rischia la bancarotta.
In questo contesto si colloca la vicenda trattata nel romanzo di Amidon.
Una sera Jamie si sbronza malamente durante una festa a casa di Madison McNabb, un suo compagno. Non riuscendo a mettersi in contatto con la madre per far venire a raccogliere il ragazzo, Madison si mette in contatto con Shannon, che ha detto a casa di essere alla festa ma in realtà è andata a passare la notte da Ian. Shannon, insieme a Ian a quel punto, si attiva per andare a recuperare Jamie a casa McNabb, ma resta il problema di riportare anche la Wrangler di Jamie a casa, per evitare che il padre, notandone l'assenza, mangi la foglia e vada su tutte le furie.
I compagni di Jamie si rifiutano di collaborare. Ian non potrebbe guidare a causa della libertà vigilata ma, in un momento di distrazione di Shannon, all'insaputa di Jamie e di chiunque altro alla festa, lo fa lo stesso. A questo punto accade l'inimmaginabile. Quando la Wrangler sfiora un ciclista in allenamento a quell'ora insolita, nella caduta l'uomo rimedia una commozione cerebrale.
Immediatamente Ian diventa un conducente che ha omesso di soccorrere la persona che ha urtato. Inizia la caccia al pirata della strada. I sospetti della polizia si concentrano su Jamie che tutti, anche la sua famiglia, credono colpevole mentre il ragazzo si ostina a negare e la testimonianza della ragazza, inspiegabilmente per i genitori, lo scagiona strenuamente. L'indagine che coinvolge tutti i compagni di scuola di Jamie e Shannon e le loro famiglie provoca un vero terremoto nella comunità.
Per quanto il romanzo canti le gesta di personaggi veramente poco eroici, animati dai desideri, frustrazioni, aspirazioni, travagli di persone meno che straordinarie, è ben scritto, la storia acchiappa e alla fine dimostra di avere un suo senso finito. Alla fine de Il capitale umano, infatti, le persone più corrette che, nonostante il travaglio, si attengono alle regole del vivere civile ne escono rigenerate e più robuste, anche se le ragioni del loro recupero non sono sempre confessabili né edificanti. Mentre quelle più inclini a trovare compromessi con la propria coscienza continuano a dibattersi all'infinito nella melma della propria insignificante mediocrità.
Se i forti ce la fanno, inutile dire che sono i più deboli a vedersela peggio ma, andiamo, non c'è da stupirsi, questa è la vita, dopo tutto.