Baby DollTennesee Williams, omosessuale dichiarato, era cresciuto a Columbus, nello stato del Mississippi. Aveva un conto aperto con la gente delle sue parti, a cominciare da suo padre. Con Baby Doll, l'autore conferma un'eccellente abilità nel portare situazioni di tensione, come la paura, l'intolleranza, l'avidità, la lussuria, al limite di un parossismo che mette a dura prova i personaggi e inchioda lo spettatore – o il lettore – alla sedia su cui si trova.


In questa lugubre commedia, in particolare, assistiamo al lento ma inesorabile e totale disfacimento della personalità di un uomo arrogante, libidinoso e intrinsecamente sleale che rappresenta la decadenza morale, oltre che economica, del Sud tradizionalista a confronto con l'energia e lo spirito d'iniziativa dei nuovi immigrati.

Baby Doll
Baby Doll Baby Doll
Baby Doll

White-trash (spazzatura bianca) è un'espressione americana che definisce popolazione bianca decaduta a livello d'abiezione e Archie Lee, il protagonista di questa storia, si trova consapevolmente proprio sull'orlo di quel baratro. La sua attività di cardatura del cotone è stata soppiantata dall'arrivo di un imprenditore più abile che si è conquistato la fiducia del consorzio dei produttori locali: il siciliano Silva Vaccaro.

Due anni prima, Archie Lee ha sposato Baby Doll una ragazza ancora adolescente. Nel prenderla in carico sul letto di morte del padre si è impegnato a non “toccarla” fino a che non fosse stata “pronta”. Con la giovane donna, Archie Lee ha concordato che questo termine avrebbe collimato con l'imminente ventesimo compleanno della ragazza: cioè tra due giorni.

I due vivono insieme a una vecchia cuoca demente in una grande casa in rovina sul limitare della piantagione. Il loro rapporto è aggravato dal fatto che il mobilificio che ha fornito l'arredamento minaccia di riappropriarsi del mobilio di cui non sono state più pagate le rate. In quel caso Baby Doll minaccia a sua volta di non onorare il suo impegno.

Dei travagli dei bianchi, dei loro litigi, dei drammi, sono spettatori, come il coro in una tragedia greca, i negri nullafacenti che bighellonano intorno alle fattorie, in perenne attesa di un'occupazione, e che prendono le disavventure dei bianchi con grandi manifestazioni d'allegria.

Archie Lee è devastato dal desiderio inappagato, acuito dalla continua, naturale seduttività della giovane sposa e dalla gelosia innescata dall'andirivieni di uomini alla fattoria. Il film si apre con l'uomo che da una camera attigua scava un buco nella parete per spiare – immagine iconica usata dalla produzione per i manifesti pubblicitari – la ragazza, col pollice tra le labbra, distesa sul suo lettino da bambina, in pigiama corto, il capo d'abbigliamento che da allora ha preso il nome dal film.

Con Baby Doll, ma soprattutto con la zia Rose, la domestica che si occupa di cucinare i pasti, Archie Lee si dimostra ad ogni piè sospinto impaziente, maleducato, arrogante. Perde il controllo, alza la voce, minaccia, per diventare improvvisamente mellifluo con le persone che gli sono utili, servile e viscido con quelle che teme, di nuovo pateticamente minaccioso con quelle che gli hanno tolto il credito.

A sera l'uomo si reca al consorzio dove è in corso una piccola cerimonia di festeggiamento per il primo anniversario del direttore Silva Vaccaro. Progressivamente infastidito dagli encomi tributati all'uomo che l'ha rovinato, Archie Lee si apparta per prendere una tanica di cherosene dall'automobile. Poco dopo, tra i lazzi dei negri presenti, un incendio distrugge l'impianto di cardatura con annesso magazzino del cotone. Al siciliano non resta che accusare il colpo ma, avendo recuperato la tanica dalle rovine fumanti, ora ha la prova del dolo.

Vacarro: Non accetto consigli, legge, o tribunale di questo posto. Vengo da un paese molto antico, dov'è tradizione che ciascun uomo si distilli la giustizia da sé, come liquore di contrabbando. Privato, in segreto, perché anche là c'era corruzione. E se la giustizia prevaleva, questo era grazie a ciascun uomo, privatamente, da solo. Intendo giustizia biblica. Occhio per occhio, dente per dente.»

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