• Nel trentacinquesimo anniversario dalla presentazione al pubblico di una pellicola del 1979, Oltre il giardino, affrontiamo la riflessione sulla storia ideata da Jerzy Kosinski, anche autore della sceneggiatura, da cui è stato tratto il film, un grande successo diretto da Hal Ashby, interpretato da un formidabile Peter Sellers e da una sofisticata e ironica Shirley McLane
Per il suo ruolo nei panni di Chance, Peter Sellers – che sarebbe mancato l'anno seguente – vinse il Golden Globe come migliore attore e la nomination all'Oscar; Melvyn Douglas che impersonava il vecchio Benjamine Rand, vinse il Golden Globe e l'Oscar come miglior attore non protagonista. Nel 2000 il film venne giudicato al ventiseiesimo posto nella lista dei 100 film più divertenti di sempre dall'American Film Institute.
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In verità, il film fa morire dal ridere, ma in una maniera sottile e discreta. Più delle battute, sono le pause e i silenzi e le reazioni disorientate a quei silenzi e a quelle pause, che producono ilarità.
La prestazione di Peter Sellers, nelle mani di un regista anticonformista e dotato di grande spirito (al Ashby, autore di Harold e Maude, 1971 e Shampoo, 1975, tra gli altri) è praticamente perfetta.
Quando viene confrontato da una gang di ragazzi il cui capo brandisce un coltello, Chance estrae il telecomando e cerca di cambiare canale. Incontrando il Presidente degli Stati Uniti, dice: «In televisione, Presidente, lei sembra molto più piccolo.»
Il film si fa commedia degli inganni nel momento in cui tutti a Washington cercano di scoprire qualcosa sulla persona il cui nome è sulla bocca di tutti. Spesso da quella stessa persona che li disorienta con la sua franchezza e con la sua ovvietà senza fornire alcun indizio per risolvere il proprio enigma. Più Chance ripete la sua battuta preferita «Mi rendo conto» più lo spettatore capisce che è esattamente il contrario. L'altre sua affermazione, «Mi piace guardare» (sottinteso, “la tv”), viene più di una volta equivocata per l'ammissione di una perversione sessuale.
Di fronte alla mancanza di qualsivoglia traccia del passato di Chance, FBI e CIA non riescono a pensare a nient'altro che a qualcuno che abbia distrutto la scheda di Chance e si consolano con il fatto che altri sedici servizi segreti esteri stanno cercando come pazzi di scoprire qualcosa. Ergo, concludono, non può trattarsi di un agente straniero.
Nelle circostanze in cui si trova in imbarazzo, come nella controversa scena di sesso con Eve Rand, per comportarsi il giardiniere attinge dalle situazioni osservate in televisione, salvo bloccarsi, non sapere come procedere nel momento clou, quando discretamente lo schermo sfuma al nero.
Nel film (ma non nel romanzo) il medico privato di Rand è l'unica persona ad avere un'idea delle condizioni psichiche di Chance. I suoi tentativi, però, di comunicare i risultati delle sue indagini al facoltoso paziente falliscono miseramente, a causa della incrollabile fiducia che il vecchio, sul letto di morte, dimostra di avere nei confronti del suo ospite, che portano il medico a desistere, per ragioni, diciamo, umanitarie, dal proposito di rivelare lo stato di personalità di Chance.
Indimenticabile la scena finale, ed emblematica, quando Chance si avvia nel prato dell'enorme casa dove, insieme ai funerali di Rand, si stanno consumando i destini politici dell'America, verso il grande stagno, continuando a camminare magicamente sulla superficie dell'acqua verso il suo (e il nostro) futuro. In sottofondo, le ultime parole pronunciate dal Presidente durante l'eulogio funebre di Benjamine Rand stigmatizzano il significato di questa storia.
«Life is a state of mind.»
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