Gatsby e Daisy• Che cosa rende Jay Gatsby il “grande” Gatsby? Il mistero che nasconde la sua ricchezza? I suoi modi affettati e amichevoli? Il passato fasullo che copre un'origine miserabile? Tutte queste cose, forse, più la grandiosità che sprigiona dalla casa imponente e dalle feste favolose o dalla cura che infonde in ogni dettaglio di tutte le sue azioni per far colpo su di una sola persona.


Il grande Gatsby è, in fondo, un romanzo che evoca, tra le altre cose, l'importanza che rivestono i padri nella formazione dei figli maschi. Fitzgerald vi fa indirettamente riferimento sin dall'incipit:

«In my younger and more vulnerable years, my father gave me some advice that I've been tourning over in my mind ever since.»

Peter Webber, La ragazza con l'orecchino di perla
Peter Webber, La ragazza con l'orecchino di perla Francis Scott Fitzgerald
Francis Scott Fitzgerald con la figlia “Scottie” a Roma

Gatsby, nella sua tormentata vita, di padri ne ha avuti tre: Dan Cody, che lo ha adottato da ragazzino; Meyer Wolfsheim, che gli ha insegnato tutto sul crimine, ed Henry C. Gatz, il vechio affranto che compare al suo funerale, il suo vero padre.

«Wenever you feel like criticizing anyone – he told me – remember that all the people in this world haven't had the advantages that you had.»

«Ogniqualvolta tu senta il bisogno di criticare qualcuno, pensa che tutta la gente che c'è a questo mondo non ha avuto le opportunità che hai avuto tu.»

L'uomo che rimugina sul consiglio paterno di cui sopra è il narratore di questa delicata storia tra il noir e il rosa che trascende l'epoca in cui fu scritta per collocarsi stabilmente tra le opere di maggior genio della letteratura del Novecento.

Il tutto si basa su un paradosso, visto che Nick Carraway, che ha appena dichiarato la propria resistenza ad esprimere dei giudizi sui propri simili, si legittima da se stesso: è un simpatico giovane su cui si può fare affidamento per un giudizio spassionato. Come dire: «Questa, però, ve la dovevo proprio raccontare.»

Le opportunità a cui si accenna nell'incipit, sono sintetizzate nel testo poche righe più sotto come «a sense of the foundamental decencies» ovvero, «una padronanza delle fondamentali regole del vivere civile». Questa storia, dunque ruota tutta intorno alle buone maniere o, piuttosto, alla mancanza di esse, lacuna che, in questo romanzo, sembra abbastanza equamente distribuita lungo tutta la scala sociale.

È Nick, quindi, l'uomo riluttante e quindi ritenuto “affidabile” nei suoi giudizi, che, più che presentarci, accenna a Gatsby e lo definisce «un uomo che, pur rappresentando tutto quello che ritengo degno di sincero disprezzo», merita comunque delle attenuanti in virtù di una personalità straordinaria.

Trasferitosi dal natio Middle-West nella rarefatta aria di West Egg (nella realtà, Great Neck, una località molto esclusiva sull'isola di Long Island), Nick prende in affitto una casetta confinante con la residenza di un uomo che risponde al nome di Gatsby. Quindi si mette in cerca dei suoi conterranei e amici Buchanan: la cugina Daisy e Tom Buchanan, anch'essi trasferitisi a Long Island dal Mid-West. Li trova in compagnia di un'attraente amica e siccome il mondo è piccolo, ed è specialmente piccolo quello dei miliardari, qualcuno dei tre è, in una qualche maniera misteriosa, collegato, a Gatsby. Gradi di separazione? Vedremo.

Ecco che, nel giro di poche pagine, abbiamo fatto bene o male la conoscenza dei personaggi principali di una vicenda di cui non sappiamo nulla ma che già comincia a stuzzicarci.

Senza scendere in ulteriori dettagli e rivelazioni, sintetizzerò qui di seguito, per quei pochi che già non la conoscono, che si tratta di una storia di amore e morte.

Quindi, in questo microcosmo alle porte di New York, da una parte ci sono i benestanti, che non hanno altro da fare che essere tali e cercare di divertirsi. Dall'altra ci sono i poveri, esseri indiscreti e zotici, che guardano a ogni minima confidenza da parte dei ricchi come a un'opportunità per ottenere dei vantaggi insperati quanto insignificanti. E poi c'è Gatsby, il vicino di casa.

La grandiosità di Gatsby sta nell'incrollabile fiducia in se stesso, nell'irriducibile ostinazione a voler credere che sia possibile ottenere sempre qualsiasi cosa, basta crederci. Anche cancellare cinque anni di vita per ripartire da un romantico idillio. Altri luoghi, altre circostanze, altre persone? Non importa.

Nell'«olocausto» finale, come in ogni sacrificio catartico, le vittime sono tutte innocenti. «Si può individuare nel sogno americano– scrive Harold Bloom – il mito caratteristico del XX secolo e Francis Scott Fitzgerald ha, allo stesso tempo, celebrato e satireggiato meglio di chiunque altro quel sogno divenuto incubo»

La citazione in apertura ci da il segno di quanto Fitzgerald si sentisse legittimato a giudicare i suoi simili. A leggere Il grande Gatsby, sembrerebbe che quello che lo scrittore rimproverava ai suoi concittadini fosse una diffusa mancanza di dignità, forse perché già allora si cominciava a sentire la mancanza di padri degni di questo nome. La dignità che, in senso romantico, non manca, nonostante le origini umili e l'educazione raccogliticcia, a Gatsby, vittima di un sogno in cui l'eroe è rimasto fatalmente intrappolato.

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